Sepolcro barone Marco Trigona, XVII sec., Cattedrale, Piazza Armerina
Sepulcher baron Marco Trigona, 17th century, Cathedral, Piazza Armerina

sabato 28 febbraio 2015

Il poeta Carmelo Scibona / 2

Il poeta Carmelo Scibona (1865-1939) nella sua falegnameria
Carmelo Scibona, ormai anziano e molto indigente, si fece convincere dagli "amici Piazzesi residenti a Milano" soprattutto dal "Milanese di Piazza Armerina", l'avv. Nino (Antonino) Arena, a pubblicare le sue poesie perché "non sono un patrimonio suo personale, ma della sua amata Patria, Piazza, che ne reclama la divulgazione." L'Arena, ricevuto il manoscritto, non di pugno dello Scibona bensì di un amanuense, forse un apprendista della sua bottega cui l'autore affidò la copiatura, pubblica il primo quaderno, tralascia il secondo e aggiusta (elimina a suo piacimento e in altri casi rifà quel che non gli è chiaro) alcuni componimenti per preparare l'uscita a Milano, nel 1935, del libro U Cardubu (Il Calabrone, per il contenuto prevalentemente satirico e pungente) che lo Scibona avrebbe voluto intitolare I mì f'ssarì (Le mie fesserie) e che, sempre per l'Arena, avrebbe dovuto avere un duplice nobile scopo: onorare Piazza Armerina onorando "un suo diletto figlio", e "far vivere beatamente" all'autore ormai anziano "la sua ultima parte della giornata con i profitti della sua opera poetica". (continua) 
(tratto da C. SCIBONA, a cura di S. C. TROVATO, I mì f'ssarì - U CARDUBU e tutti gli altri componimenti editi e inediti, Edizioni IL LUNARIO EN, Tip. Lussografica CL, 1997.)

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

giovedì 26 febbraio 2015

Il poeta Carmelo Scibona / 1

Il poeta-falegname Carmelo Scibona (1865-1939)

Carmelo Scibona nacque a Piazza Armerina il 12 ottobre 1865 da Giuseppe e da Alfonsa Farina, e vi morì il 12 aprile 1939. Dopo aver frequentato le scuole elementari al Collegio (edificio dei Gesuiti), prese la licenza e iniziò a esercitare l'arte di suo padre, il falegname. Per oltre mezzo secolo la sua vita, piena di privazioni, trascorse tra la sua bottega di falegnameria, dove componeva "tutte le fesserie che gli passavano per il cocuzzolo", la famiglia e in piazza al Circolo degli Operai (socio fondatore), o nella farmacia di Mario Salemi & Figli. Era in questi ultimi luoghi che, spinto da amici e compagni, lo Scibona diffondeva i suoi versi forti e pungenti verso gli avversari politici, ma ispirati sempre da nobiltà e purezza avendo come unico obiettivo il trionfo della correttezza nell'amministrazione della cosa pubblica, mai con fini privati ed egoistici. Versi che venivano pensati nella bottega, tra un colpo di  pialla e uno di martello, trascritti col lapis su fogli e foglietti sparsi qua e là. Alcuni poi li ricopiava in bella, altri li mandava al rogo. L'estro poetico l'ebbe sin dalle scuole elementari, quando compose le sue prime prove in italiano da autodidatta, passando subito al dialetto piazzese e, talvolta, anche al siciliano. Col passare degli anni fu attratto sempre più dalla poesia leggendo Dante e Trilussa. Da giovane conobbe sicuramente il "Cavalier Notaro" Remigio Roccella (1829-1915), autore di poesie e prose nel galloitalico della nostra Città, primo piazzese "ad aver consegnato alla scrittura letteraria un dialetto che per sette secoli era servito solo ai bisogni della comunicazione". Lo studio dell'opera del Roccella servì allo Scibona ad apprendere il sistema ortografico del piazzese perfezionandolo e fu per questo motivo che considerò il Roccella "u patri d'a ciaccésa poisìa" e se stesso suo erede insieme ad altri due suoi contemporanei, Vittorio Cagni e Gaetano Marino Albanese*. A 63 anni, nel 1928, prese l'infelice decisione di trasferirsi, come tanti suoi concittadini, a Bengasi, in Cirenaica oggi Libia, per andarvi a cercare fortuna, dopo essersi sposato per la seconda volta. Vi rimase sino al 1932, quando tornò "più povero di prima, più vecchio e più accasciato". (continua)

*Mio nonno materno (1889-1958) che molti ricordano col soprannome Ciucciuledda.

(tratto da Carmelo SCIBONA, a cura di Salvatore C. TROVATO, I mì f'ssarì - U CARDUBU e tutti gli altri componimenti editi e inediti, Edizioni IL LUNARIO EN, Tipografia Lussografica CL, 1997.)

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

   

martedì 24 febbraio 2015

Lo stemma più prestigioso di Piazza/2

La freccia indica dove si trova lo stemma sotto il portico della Biblioteca Comunale
I due regnanti spagnoli, Ferdinando II d'Aragona e Isabella I di Castiglia, al contrario di quelli portoghesi, credettero nell'intuizione del navigatore genovese Cristoforo Colombo e quindi finanziarono nel 1492 l'impresa di raggiungere l'India attraversando l'oceano verso ponente. Però, qualche anno prima (1478), avevano introdotto nel loro regno anche l'Inquisizione (a Plaza nel 1512) per convertire i musulmani e gli ebrei al Cristianesimo, con le buone o con le cattive. Mentre c'erano, iniziarono a punire i sostenitori di teorie contrarie a quelle cattoliche (eresie) finendo col perseguire anche gli omosessuali e le streghe. Sotto la "bandiera religiosa" si nascondeva il principale obiettivo: colpire gli oppositori politici e confiscare i patrimoni dei condannati, per rimpinguare le casse della corona sempre all'asciutto per le smisurate spese di corte e militari. A tal proposito è utile ricordare che con l'avvento in Sicilia della monarchia Castigliana (chiamata così poiché il re, pur essendo Aragonese, al momento del matrimonio aveva spostato la sua dimora in Castiglia), l'antica nobiltà in crisi fu sostituita da nobili non titolati, curiali, medici, speziali e gabellotti disposti a pagare una tassa per iscriversi nel libro della Mastra Nobile, presente in tutte le città regie. A Plaza con tale procedura diventarono nobili tantissime famiglie che con il loro potere politico ed economico, influirono in maniera determinante sulla vita sociale nei secoli successivi. Il sito originario dov'era posto lo stemma, non poteva essere il Collegio dei Gesuiti perché questo fu costruito un secolo dopo (1605) quindi, ammesso che non provenisse da altro sito fuori le mura, doveva essere affisso o su una delle porte (io ne ho individuate 7) della Città Demaniale o su quella del Castello Aragonese, costruito nel 1392 da un altro re aragonese (Martino I il Giovane) e sede del Castellano nominato dall'autorità spagnola. Ci sarebbe un'ultima possibilità se consideriamo l'anno scolpito sullo stemma, il 1512, anno dell'introduzione del Tribunale dell'Inquisizione nella nostra Città. Potrebbe essere stato esposto sull'edificio che doveva ospitare il Commissariato del Tribunale dove si riunivano il Commissario Domenicano, il Maestro Notaro, il Recettore e i venti Impiegati o Familiari, di cui però, non si conosce l'ubicazione. Se il commissario era un Domenicano, forse nel loro convento, oggi Seminario Vescovile?

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

domenica 22 febbraio 2015

Lo stemma più prestigioso di Piazza/1


Lo stemma di re Ferdinando II d'Aragona in Biblioteca
Stemma di re Ferdinando II d'Aragona a colori periodo 1504-1513
L'altro più grande e bellissimo stemma scolpito nel marmo bianco che si trova sotto il portico della Biblioteca Comunale, non è uno stemma qualunque, bensì è quello del re spagnolo senza il quale chissà quando avremmo conosciuto il Nuovo Mondo e, purtroppo, anche l'Inquisizione. E' lo stemma più prestigioso e raffinato, anche nei particolari, presente nella nostra Città ed è quello di Ferdinando II re d'Aragona detto il Cattolico (1452-1516) che con la moglie, la cugina Isabella I regina di Castiglia (1451-1504), furono chiamati dal Papa Re Cattolici (Reyes Católicos). Nella parte bassa dello stemma, inserito nel petto di un'aquila con la testa girata e dal collo circondato da una corona reale, c'è l'anno in numeri romani M (la "o" scolpita sulla "M" sta per Millesimo) CCCCCXII - 1512, mentre nello scudo inquartato vero e proprio sono riportati scolpiti nel marmo: 
-Nella I e IV parte le insegne del Regno di Castiglia (di rosso al Castello d'oro torricellato di tre pezzi e finestrato d'azzurro) e León (d'argento di Leone rosso coronato, linguellato e armato d'oro).
-Nella II e III parte le insegne a sx del Regno delle Due Sicilie (nei due angoli superiore e inferiore le bande rosso-vermiglie in campo d'oro del Regno d'Aragona, nei due angoli laterali le aquile nere in campo d'argento degli Svevi); a dx l'insegna del Regno d'Ungheria (otto Fasce di rosso e d'argento) attaccata a quella del Regno di Gerusalemme (un H con un I in mezzo formata dall'unione delle due lettere latine H e I, iniziali di Hierusalem). La disposizione di queste ultime due insegne nella versione a colori è leggermente diversa per la presenza in ambedue i quarti di quella del Regno d'Aragona con le bande verticali rosso-vermiglie in campo d'oro. 
-Nella punta dello scudo l'insegna del Regno di Granada (mela granata aperta di rosso fogliata di verde). (continua)  

Gaetano Masuzzo/cronarmerina


sabato 21 febbraio 2015

Edicola n. 20

L'Edicola Votiva n. 20 si trova proprio sulla grande vasca (b'v'ratura) alimentata dai vicini 4 canali della famosa Fontana dei Canali nell'omonimo quartiere. E' relativamente recente, in mosaico è dedicata alla Patrona di Piazza Maria SS. delle Vittorie e, guardando bene la dimensione del viso, si potrebbe dire che si rifà alla Madonna da Facciranna, una volta venerata al Monte nei pressi della via Milazzo, come ho ricordato nell'Edicola n. 18. Il suo sito si trova a metà strada tra i 4 canali, sempre rigogliosamente sgorganti d'acqua (io me li ricordo sempre così), che i più assidui ritengono modda, e l'antico lavatoio di cui si servivano le donne prima della lavatrici automatiche. E' tenuta benissimo e anche per questo è spesso fotografata dai turisti, che si avvicinano prima ai canali e poi la vedono sulla lunga vasca, tenuta ultimamente più pulita degli anni scorsi. 

Gaetano Masuzzo/cronarmerina     

giovedì 19 febbraio 2015

Fontanella Biblioteca Comunale / n. 13


La n. 13 è la Fontanella della Biblioteca Comunale. Quando frequentavo la Scuola Media "Luigi Capuana" nei lontani anni 60, già dissetava i giovani studenti specialmente durante le ricreazioni, tra un panino e, raramente, un'aracina (a me piace al femminile) del sig. Santangelo. La funzione dispensatrice d'acqua zampillante, la svolgeva egregiamente anche durante le ore di ed. fisica col prof. Mercato e quando c'era il cinema all'aperto in estate. I b'vùti! Dopo aver spazzolato l'ennesima mafalda cu a cotoletta no menzu, rimasta a pranzo la domenica! Noi ragazzi non ci rendevamo conto cosa fosse stato in passato quel cortile, che ci vedeva scorrazzare in tutte le direzioni come forsennati. Da quattro secoli era il chiostro del Collegio dei Padri Gesuiti. Nato nel 1605 come Casa Professa, dieci anni dopo (1615) fu trasformato in Collegio  tra i più prestigiosi della Sicilia. Quasi alla fine del XVII secolo (1689) il Collegio divenne Seminario chiamato anche Studio Generale o Università degli Studi, con corsi di Filosofia e Teologia. Si studiava nei primi 3 anni anche chimica, astrologia, fisica, logica, metafisica e al termine si veniva chiamati maestri d'arte, abili a esercitare l'arte o la professione. Oppure ci si poteva iscrivere al corso successivo di 4 anni di Studia Superiora per conseguire il Dottorato in Teologia, altrimenti si poteva frequentare le facoltà di medicina e giurisprudenza, ma in altre università, a Catania, o chi poteva permetterselo, in Continente. 
Perciò, pensate quante ne ha viste questa fontanella, ovviamente non proprio questa, perché è stata rinnovata in ghisa di recente, ma quella precedente in graniglia e quella ancora prima, e ancora prima, e così via, sino a quattrocento anni fa! 

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

martedì 17 febbraio 2015

Carnevale 1877 - Traduzione "du sdìrri"

Corteo carnevalesco siciliano a metà Novecento
Due anni fa, nel post "1877 Carnevale del poeta Roccella" del 7 febb. 2013, Vi avevo proposto la lettura della poesia in gallo-italico L'urt'm giörn d' Carr'vèr di un nostro concittadino, il notaio Remigio Roccella (1819-1916), dove ci spiegava come si vestivano i nostri antenati nel Carnevale di 138anni fa.
Ci si apprestava a trascorrere l'ultimo giorno della festa, chiamato dai Ciaccësi "sdìrri"*, senza tanti fronzoli e tante prestese, vestendosi alla buona per imitare paesani e artigiani indigenti che avrebbero provocato ilarità e divertimento, senza cattiveria, almeno per un giorno. Per farvela meglio apprezzare oggi Vi propongo la mia traduzione.

L'ULTIMO GIORNO DI CARNEVALE


... E pensarono di andarci mascherati 
così vestendosi:
Biagio, Pulcinella,
uscendosi di fuori la camicetta,
ch'era sporca 
lorda e sudicia
nell'orletto;
e non avendo niente per cappello,
si fece una berrettina
con due pezzi di vecchia garza mussolina.

E Mario si vestì di Santiliporti**
prendendo in mano 
 forme e gambali in una sporta.
Si mise una giubba
coi gomiti rattoppati
un paio di vecchie scarpe
di qua e di là sfondate;
e si mise un cappello senza fondo
davvero un pover'uomo sembrando.

Antonio, ubriaco sin sulle ciglia,
si fece calderaio.

Vito con sua moglie
mettendosi erba intrecciata per capelli,
si vestirono di ripara brocche;
e prendendo piatti rotti
pentole, boccali e orci,
barili, imbuti, catini
ornali e tegamini,
riempirono sino all'orlo quattro cestini.

Dopo, col fumo si tinsero le guance
strofinando le mani nel fondo d'una pentola
e saltando e ballando, a quattro colpi
si gettarono sulla via...

Remigio Roccella 

*Forse da sdunare = impazzire o da sdiliriu = forte frenesia, esaltazione, entusiasmo, eccitazione.
**E' il cognome di un calzolaio indigente di cui aveva già fatto una poesia.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

domenica 15 febbraio 2015

Uno dei due stemmi in Biblioteca

Questo è uno dei due bellissimi stemmi affissi lungo il corridoio sotto i portici della Biblioteca Comunale che, senza alcun dubbio, sono tra i più importanti nella nostra storia cittadina. 
Scolpito nel marmo bianco, riporta una lista (o nastro) con la data MCCCCCIIII PRIMO DECEMBRIS (1 Dic. 1504) che sovrasta uno scudo col nome di Ferdinando II (re d'Aragona detto il Cattolico, 1452-1516) dal 1468 Siciliae Rex (Re di Sicilia). Sulla "M" si notano quattro fori che dovevano servire ad accogliere un fregio, in metallo più o meno prezioso, per risaltarla. Le due scritte sono divise da una banda col Leone rampante simbolo del regno di León, regno originario, insieme a quello della Castiglia, della casata Trastámara a cui apparteneva Ferdinando.
Non sono riuscito a collegare la data 1504 con qualche avvenimento importante accaduto nella nostra Città in quel periodo, che ne giustificasse l'esistenza, pertanto potrebbe rappresentare semplicemente la conferma dell'autorità regale spagnola-aragonese nel nostro territorio nell'anno della proclamazione di Ferdinando a II re di Sicilia e III re di Napoli, ovviamente col beneplacito di papa Giulio II che lo dichiara Re Cattolico (in spagnolo Rey Católico). In effetti la presenza aragonese in Sicilia era ormai secolare (222 anni per la precisione) dato che era iniziata nel 1282, anno della Rivoluzione del Vespro contro il fiscalismo e la prepotenza dei Francesi-Angioini. Ma il governo degli Spagnoli-Aragonesi non sarebbe stato più leggero e sopportabile, anzi.
Il sito originario era sicuramente un altro, visto che il Collegio fu eretto nei primi anni del Seicento. Quindi doveva fare bella mostra o al Castello Aragonese costruito nel 1392 da un suo predecessore, Martino I re di Sicilia detto il Giovane, o in una delle tante porte (ne ho individuate almeno 7) della nostra Città Demaniale che allora veniva chiamata Plaza o Pulice e contava ben 9.000 abitanti. Il Re Cattolico qualche anno più tardi, nel 1512, ci "regalerà" l'istituzione anche da noi del Tribunale dell'Inquisizione retto da un Commissario Domenicano, coadiuvato da 20 collaboratori chiamati Familiari o Impiegati, con sede probabile presso il Convento dei Domenicani poi Seminario Vescovile.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina 

venerdì 13 febbraio 2015

Fontanella Torre di Renda / n. 12

Questa è la seconda fontanella che troviamo nell'Azienda Turistica Torre di Renda. Sullo sfondo della semplice e graziosa fontanella si può ammirare il panorama mozzafiato del versante Nord/Est della nostra Città. L'Azienda Turistica dei fratelli Golino si trova a ca. 3,5 Km. dal centro abitato e lungo il percorso si passa accanto a due gioielli storico-ecclesiastici di Piazza, la chiesa e Gran Priorato di Sant'Andrea (1148) e la chiesa e convento francescano di S. Maria di Gesù (1418).  

Gaetano Masuzzo/cronarmerina  

martedì 10 febbraio 2015

Edicola n. 19

L'Edicola Votiva n. 19 è quella di via Sette Cantoni, nucleo commerciale principale della Città sino a qualche decennio fa. E' dedicata alla Sacra Famiglia rappresentata da tre belle statuette racchiuse in un'altrettanto bella nicchia ricavata in una delle Sètt Cantunèri, quella proprio di fronte la discesa intitolata allo storico avv. Alceste Roccella (1827-1908). Per tornare un po' indietro nella frenetica vita che si svolgeva sin dall'alba in questa via, vi consiglio di leggere il post "Sette Cantoni un secolo fa" del 15 Ott. 2014 tratto dal libro Memorie Armerine del prof. Giovanni Contrafatto (1910-2004). Inoltre, per chi volesse approfondire il perché del nome "Sette Cantoni" ci sono i post dell'1 Genn. 2013 "Il dilemma Sette Cantoni" e "Sette Cantoni secondo me" e quello, più recente, del 23 Nov. 2014 "Ricordate il dilemma Sette Cantoni?". A pochi passi esiste un angolo di Piazza poco conosciuto, leggetevi il post del 20 Marzo 2013 "Angoli e nomi dimenticati". 

Gaetano Masuzzo/cronarmerina   

domenica 8 febbraio 2015

L'Eremo di Piazzavecchia

L'eremo di Piazza Vecchia in alto a dx
Avevo promesso di pubblicare per intero la poesia del poeta Girolamo Giusto dalla quale erano stati tratti i versi riportati sull'edicola votiva n. 7, quella sotto l'Arco che porta al Chiostro dei Benedettini (Municipio) accanto alla Chiesa di Fundrò, eccovela: 

 

LU RIMITU DI CHIAZZAVECCHIA


'Nnomu di Diu e di la Madunnuzza
ch' a sò Figghiu Gesù si teni 'mbrazza;
pi Didda lu dimoniu cca nun truzza,
e di tutti li mali nni sbarazza.

A Chiazzavecchia nni la sò chisuzza,
'ntutti li chiesi e 'ntutti li palazza,
ni li cappelli la Bedda Matruzza,
è la difisa a sta divota Chiazza!

Ci dassi quantu spera lu sò cori
a la Madonna, puru 'na juntuzza:
data ccu arma ci nni vò tisori!

'Na mutura? Un munneddu!? Oh signurinu,
(Vasàtila, carù, st'Immaginuzza)!
la Madonna abbunnassi stu jardinu!

Girolamo Giusto, 1937

Note originali tratte dal libro "Chiazza li so campagni e la cugghiuta di li nucciddi, rimi malincunusi in dialettu sicilianu": Truzza - Da di cozzo; Cappelli - Nelle piazze, nelle strade principali sonvi "nicchie" con l'Immagine della Madonna della Vittoria - Mutura, munneddu - Misure di capacità.

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

venerdì 6 febbraio 2015

Il Mistero di Majorana continua

Il 12 dicembre scorso nel post "Prima di Majorana", dove si parlava dei vari nomi dell'Istituto Industriale di Piazza, eravamo rimasti con i dubbi sulla scomparsa nel marzo del 1938 del famoso fisico nucleare catanese Ettore Majorana. Sono di questi giorni le notizie apparse sui giornali relative al Majorana che vi riassumo brevemente.

Ettore Majorana: vivo tra '55 e '59

'Accertato dalla Procura di Roma, si trovava in Venezuela'


(ANSA) - ROMA, 4 FEB - Ettore Majorana, il geniale fisico catanese cresciuto in via Panisperna e che alcuni esperti collocano tra Newton ed Einstein, scomparso misteriosamente nel 1938, era vivo, nel periodo 1955-1959, e si trovava, volontariamente nella città venezuelana di Valencia. Lo ha accertato la Procura di Roma che ha indagato sulla scomparsa e ora chiesto l'archiviazione... Probabile che lo scienziato, spaventato dalle sue scoperte sull'atomo, abbia deciso di sparire senza lasciare tracce... in una foto scattata in Venezuela nel '55, analizzata dal Ris, Majorana, conosciuto con il cognome Bini, appare insieme con un emigrato italiano, Francesco Fasani, meccanico, subito dopo aver ricevuto un prestito. L'uomo che appare insieme con Fasani risulta compatibile con i tratti somatici del fisico catanese... Dopo aver accertato che Ettore Majorana era vivo tra il 1955 e il 1959, per la procura di Roma è stato impossibile stabilire che fine abbia fatto poi il fisico italiano.
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Majorana: testimone, visto a Roma nell'81

'Era un senzatetto, ospite del convento da cui si era allontanato'


(ANSA) - ROMA, 5 FEB - "Ettore Majorana era sicuramente vivo nel 1981 ed era a Roma. Io l'ho visto". Dopo gli sviluppi sulla scomparsa del geniale fisico catanese - di cui si erano perse le tracce nel 1938, ma che la procura della capitale ha stabilito si trovasse in Venezuela tra il 1955 e il 1959 - un testimone racconta all'ANSA di averlo incontrato in centro di Roma 34 anni fa insieme a mons. Luigi Di Liegro, il fondatore della Caritas romana. Era un senzatetto, ospite di un convento da cui si era allontanato.
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Gaetano Masuzzo/cronarmerina 

giovedì 5 febbraio 2015

Edicola n. 18

Quest'Edicola Votiva n. 18 del mio censimento, secondo me è tra le più antiche e più grandi della Città. Ovviamente ha subito tante trasformazioni, ma il sito è rimasto immutato nei secoli. Rappresenta la Madonna della Stella e si trova in una piccola piazzetta del quartiere Monte. La piazzetta è formata dalla parte finale della via Antonio Crescimanno, chiamata prima appunto via Madonna della Stella e, prima ancora, via Madonna della Facciranna. E' proprio in questa zona che i Padri Agostiniani arrivarono nel 1510 ottenendo dal Comune dei locali dove fondarono l'Oratorio della Madonna della Stella, mentre per i loro uffici divini fu concessa la chiesa vicina della SS. Trinità. Il termine Facciranna (Facciagrande) deriva dal fatto che in prossimità della via Milazzo, anch'essa nei pressi della piazzetta di cui sopra, esisteva una chiesa con un dipinto della Madonna dove risaltava soprattutto il viso (facci) rispetto a tutto il resto. In questa chiesa che c'era nell'odierna via Milazzo, i Padri della Congregazione dei Frati Agostiniani iniziarono avenerare la loro Madonna, S. Maria della Stella. Nel 1583 gli Agostiniani si trasferirono nell'edificio di fronte la chiesa di S. Giuseppe fondando il Convento di Sant'Agostino (ecco perché esiste ancora oggi la via Sant'Agostino).  

Gaetano Masuzzo/cronarmerina

martedì 3 febbraio 2015

3 Febbraio, San Biagio a Piazza

S. Biagio* nella chiesa di S. Stefano
Oggi si festeggia San Biagio, vescovo del III secolo, di cui a Piazza c'è l'unica statua nella chiesa di S. Stefano, sopra il I altare entrando sulla dx, e non a caso. Infatti, tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento a Piazza si manifestò il culto verso Santo Stefano accanto alla Porta di San Giovanni Battista. All'inizio si trattò solamente di un oratorio, poco fuori le mura, con un solo altare dedicato al Santo, per pregare affinché fossero tenute lontane dalla città, le epidemie introducibili dagli stranieri e dagli abitanti dei paesi vicini, attraverso la porta sucitata. Si racconta che per il miracoloso intervento di San Biagio, e qui arriviamo al perché della presenza della statua nella chiesa di S. Stefano, non era entrata in Città una grave malattia dell'apparato respiratorio e, in ringraziamento di tale evento, fu attribuito un particolare culto a questo Santo presso questa chiesa. Nella seconda metà del '600 la chiesa venne ingrandita e abbellita grazie al contributo di facoltose e nobili famiglie piazzesi (Starrabba, Solonia). Colgo l'occasione per fare gli auguri di buon onomastico a tutti i Biagio, Biagino, Gino, G'nuzzu, Bràsi e Bràsg, e quindi a mio padre Gino. 

*Nella foto si può notare che nella mano dx S. Biagio tiene un pettine che sembra una molla, è il pettine per cardare la lana col quale fu straziato prima di essere decapitato.
Gaetano Masuzzo/cronarmerina

domenica 1 febbraio 2015

Ruota degli Esposti 4 (ultimo)

La Ruota del Convento di S. Francesco al Monte

Il vano dove era situata la Ruota del Monastero di S. Giovanni Evangelista
Nella nostra Città le RUOTE per gli Esposti erano due, una presso il Convento Francescano al Monte, l'altra presso il Monastero delle Benedettine di S. Giovanni Evangelista. Quella del Convento Francescano (foto in alto, era posta nell'angolo a sx del portone principale dell'Ospedale di Santo Spirito nel 1600, chiamato dal 1771 Ospedale Chiello, sede tra l'altro dell'Opera Pia degli Esposti (di cui il primo amministratore fu nel Seicento Don Andrea Trigona, tra i benefattori quando abbiamo parlato dei Legati di Maritaggio del Monte di Pietà). L'altra ruota si trovava all'ingresso principale del Monastero delle Benedettine di S. Giovanni Evangelista ove ancora oggi è possibile vedere il piccolo vano che l'accoglieva (foto in basso) entrando dal portone, oggi ingresso dell'Ostello del Borgo, sulla destra. All'alba del terzo millennio il fenomeno dell'abbandono è ancora attuale nella nostra società, che ha la pretesa di considerarsi civile. Per questo dramma, una risposta efficace è la riedizione delle RUOTE nelle più moderne e tecnologiche Culle per la Vita proposte dal Movimento per la Vita. Questo è rappresentato da una Federazione di oltre 600 movimenti, centri, servizi di aiuto e case di accoglienza esistenti in Italia, che si propone di promuovere e difendere il diritto alla vita soprattutto del bambino non ancora nato o neonato e le Culle in Italia sono 45 presenti da Aosta a Palermo, da Brescia a Paternò*. (tratto da Valentina CARERI e Fabrizio CASSIBBA, Il fenomeno dell'abbandono nella storia: la RUOTA degli Esposti a Piazza Armerina, U.S. Palermo, Facoltà di Architettura, Tesi di all. arch,, A.A. 2006/07, Biblioteca Comunale P. Armerina)

*Notizia del 3 gennaio u.s.: "I medici l'hanno chiamata Daniela, e oltre ad essere una delle prime nate dell'anno, è la prima bimba ad essere stata lasciata nella culla termica per i bambini "non desiderati" dell'ospedale Careggi di Firenze. Una risposta ai tempi di crisi? La culla funziona come l'antica ruota degli esposti medievale... nata dal progetto "Ninna Ho"... la culla termica si aziona con un pulsante che apre una saracinesca, e grazie a una webcam avverte i medici di turno della presenza di un bebè nel locale climatizzato. Nulla che renda meno gravoso privarsi di un figlio, ma di certo lo rende più sicuro." (tratto da http://tv.ilfattoquotidiano.it/2015/01/03/firenze, servizio di Max Brod)

Gaetano Masuzzo/cronarmerina